Rischio industriale

Il rischio industriale è relativo a quelle attività dell’uomo che su un territorio, prevedono la presenza di insediamenti produttivi; quest’ultimi, oltre alle pressioni ambientali che normalmente esercitano , possono rappresentare un grave pericolo sia per i lavoratori che le comunità vicine in quanto possono causare i cosiddetti “incidenti rilevanti”.

I gravi incidenti di Seveso (1976), Bhopal (1984), Chernobyl (1986), Fukushima (anche se dovuto al maremoto conseguente il sisma del 2011) e i danni e le ripercussioni che ancora oggi ne derivano, sono cronaca dei nostri giorni e hanno indotto il legislatore a stabilire una idonea attività di prevenzione del rischio in tutte le fasi di vita di un impianto industriale: dalla progettazione, alla manutenzione, al controllo degli impianti, nel rispetto di tutti gli standard di sicurezza.

Un incidente industriale è considerato “rilevante” se si configura come: “un evento quale un’emissione, un incendio o una esplosione di grande entità dovuto a sviluppi incontrollati che si verificano durante l’attività di uno stabilimento e che dia luogo ad un pericolo grave, immediato o differito, per la salute umana o per l’ambiente, all’interno o all’esterno dello stabilimento, e in cui intervengano una o più sostanze pericolose”.

Ma quali sono gli “stabilimenti a rischio”?

Le attività a rischio di incidente rilevante sono individuate dalla normativa vigente attraverso un semplice meccanismo che tiene conto della pericolosità intrinseca delle sostanze e dei preparati prodotti, utilizzati, manipolati o depositati nello stabilimento, ivi compresi quelli che possono generarsi in caso d’incidente, e delle quantità degli stessi, rendendo obbligatoria per i gestori delle suddette attività la presentazione all’autorità competente della documentazione che attesti l’avvenuta valutazione dei rischi connessi alla loro conduzione.

Tutti gli stabilimenti italiani -così definiti- sono censiti dal Ministero dell’Ambiente in collaborazione con il Servizio Rischio Industriale dell’APAT e l’elenco, aggiornato periodicamente, è pubblicato sul sito internet del Ministero.

Per garantire la sicurezza del territorio e della popolazione, l’Italia ha emanato il D.P.R. 175/88 in attuazione della direttiva comunitaria 96/82/CE (direttiva Seveso), e successivamente il D. Lgs. 17.08.1999, n. 334, meglio noto come “Seveso 2”.

Il D.Lgs. 105/2015 che ha sostituito il 334/99, detta le disposizioni in materia di prevenzione degli incidenti rilevanti e impone obblighi precisi ai gestori degli stabilimenti in cui sono presenti le cosiddette “sostanze pericolose”.

Si intende per «presenza di sostanze pericolose» l’esistenza di queste, reale o prevista, nello stabilimento, ovvero quelle che si reputa possano essere generate in caso di perdita di controllo di un processo industriale, in quantità uguale o superiore a quelle indicate nell’Allegato I del citato D.Lgs. 334/99 e successive modifiche e integrazioni.

In funzione delle quantità di sostanze pericolose detenute, il Gestore è tenuto a presentare all’ Autorità Competente e, a seconda dei casi, a diversi altri Enti (Ministero dell’Ambiente, Prefetto, Regione, Provincia, Comune), la “Relazione” , la sola “Notifica”  ovvero la “Notifica” ed il “Rapporto di Sicurezza” , così come si evince anche dagli adempimenti a carico del Gestore previsti dal D. Lgs. 105/2015.

In Abruzzo gli stabilimenti individuati come attività industriali a rischio di incidente rilevante, sono 27 di cui 13 soggetti ex art. 6, e 9  ex art. 8.

Allo stato attuale non è ancora stata definita una disciplina regionale in materia che individui le nuove autorità competenti, definisca le procedure e le modalità di coordinamento fra i soggetti coinvolti ma è all’esame della Conferenza Stato Regioni un decreto legge che deleghi definitivamente le competenze e le modalità di attuazione alle Regioni.

In Abruzzo, l’attività nell’ambito della prevenzione e mitigazione del rischio industriale, viene al momento coordinata dalla Direzione Regionale dei Vigili del Fuoco, in seno alla quale è stato istituito il Comitato Tecnico Regionale (CTR) composto, oltre che da rappresentanti del Corpo Nazionale dei VV.F., da rappresentanti della Protezione Civile Regionale, dell’ARPA, dell’ISPESL, della Provincia e del Comune territorialmente competenti .

Negli ultimi anni il concetto di rischio di incidente rilevante si è esteso anche al trasporto stradale e ferroviario di merci pericolose, con l’attivazione di numerosi progetti operativi (Ferrovie dello Stato, VV.F., ISPESL, Università).

Attualmente la Regione partecipa alle attività di previsione e prevenzione attraverso i tavoli di coordinamento istituiti presso la Direzione Regionale dei Vigili del Fuoco e le Prefetture competenti per territorio con lo scopo di predisporre una pianificazione d’emergenza.

Le tipologie di piano d’emergenza sono due:

PEI: Piano di emergenza interno, elaborato dal gestore, riporta le procedure operative messe in atto dall’azienda in collaborazione con i Vigili del Fuoco per fronteggiare l’incidente.

PEE: Piano di Emergenza Esterno, redatto dall’autorità pubblica competente (Prefettura), organizza la risposta di protezione civile per ridurre gli effetti dell’incidente sulla salute pubblica e sull’ambiente. Nel PEE sono individuate le aree a rischio e le misure comportamentali che dovranno essere assunte dalla popolazione.